Dopo aver letteralmente catturato l’ Italia grazie alle due serie di spicco “Gomorra” e “Romanzo Criminale” torna dietro la macchina da presa per un vero e proprio lungometraggio Stefano Sollima, che decide ancora di raccontare la malavita della capitale attraverso “Suburra”, tratto a sua volta dall’omonimo romanzo di Carlo Bonini.

L’opera di Sollima parte presentando subito i vari protagonisti della vicenda, in un primo momento totalmente scollegati tra di loro ma che con l’avanzare del tempo raggiungono un intreccio che li coinvolgerà tutti, dal primo all’ultimo. La storia dipinta da Sollima in “Suburra” è tragica, cruda e violenta, che non si lascia trasportare da noiose sensibilità e che adora mostrare la realtà per quello che è. I personaggi sono caratterizzati in maniera notevole, ognuno di loro con varie caratteristiche e che sono stati resi al meglio dai vari interpreti che hanno dimostrato pienamente le loro eccezionali qualità recitative. A partire da un superbo Pierfrancesco Favino, perfettamente in parte e sempre credibile, con una grande padronanza di espressioni e serietà. Da nominare anche Claudio Amendola, ottimo nel rappresentare un cinico Boss della malavita, detto “Il Samurai”, ed Elio Germano, molto bravo nel fare la parte di un vigliacco uomo sotto continui ricatti. Piacevolissima sorpresa anche Alessandro Borghi, iracondo capo di ostia detto anche “Numero otto”.

La descrizione di una Roma sempre più affossata da intrighi malavitosi e intrecci politici è una grande atrrazione per gli spettatori che si trovano coinvolti in una trama assai interessante e intrigante, che mette a dura prova la sensibilità del pubblico cercando di far immedesimare gli stessi con i personaggi violenti e spietati del film, che non fanno altro che scatenare spargimenti di sangue e manipolare la città. Seppur una grande sceneggiatura riesca a trainare meticolosamente tutta la pellicola è impossibile non notare alcune lacune che sminuizzano leggermente la serietà dell’opera. Alcuni tratti poco realistici invadono la credibilità di una certa situazione o di un determinato protagonista, come altri piccoli accorgimenti avrebbero potuto evitare banali domande e dubbi ingenui. Resta comunque eccellente la trasposzione cinematografica di una Roma sempre più “Suburra” (non a caso intende un luogo malfamato), che non lima le unghie ma che affila gli artigli, che non si getta in amicizie ma in malsani accordi e che preferisce l’Horror alla commedia. Sollima dipinge un quadro feroce e sorprendente di una triste realtà, che sa guidare in modo quasi impeccabile dalla prima pennellata fino al tocco finale, e che rende il suo “Suburra” tutt’altro che Suburra.

Suburra di Stefano Sollima - La Recensione
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